di Pierino Di Silverio, Guido Quici
Da sempre gli scioperi, per la verità non molto frequenti in ambito sanitario per il senso di responsabilità dei professionisti, sono stati mal digeriti dai governi, da tutti i governi, in quanto percepiti erroneamente come attacchi politici anziché stimoli al dialogo e all’interlocuzione.
Ma ad oggi non era mai accaduto di vedere mistificati i dati, quasi a voler trasformare lo sciopero in una tornata elettorale in cui chi sciopera è contro il governo in carica. Cercare di far percepire la nostra come una protesta partitica ci appare offensivo verso l’intera categoria e forse qualcuno dovrebbe chiedere scusa alle migliaia di medici dirigenti sanitari e infermieri che il 5 dicembre sono scesi in piazza e hanno lanciato un grido di allarme.
Il compito di chi rappresenta democraticamente i cittadini è quello di comprendere le problematiche, accettare le critiche e non strumentalizzare i dati come se fossimo in una bagarre elettorale. Qui si parla di salute pubblica e l’interlocutore non è un partito, ma associazioni sindacali autonome che non sono a libro paga di nessun partito né di minoranza né di maggioranza.
D’altro canto continuare ad evidenziare, a due settimane di distanza, i dati relativi all’adesione allo sciopero, interpretati in modo scorretto, è sintomo del successo stesso dell’iniziativa ampiamente testimoniato dal notevole impatto mediatico sia nazionale che internazionale. Abbiamo evidentemente toccato un tasto dolente, facendo emergere problemi ben conosciuti sia ai partiti che ora stanno al governo che ai partiti che ci hanno governati fino allo scorso anno, e che nessuno è riuscito ad affrontare e risolvere. Noi, in quanto sindacati e a differenza dei politici, non abbiamo il potere di legiferare; e quando si continua ad ignorare le nostre istanze e quelle di milioni di cittadini che chiedono una sanità pubblica migliore abbiamo il dovere di utilizzare il principale strumento che abbiamo a disposizione: lo sciopero.
Ma passiamo ai dati. Perché anche i numeri oggi sembrano aver perso quel valore di infallibilità che le scienze matematiche hanno sempre attribuito loro. E riteniamo corretto che tutti siano messi a conoscenza vista l’insistenza nella disinformazione.
Ecco la tabella in cui si mettono a confronto i dati dell’ultimo sciopero indetto nel 2018 da TUTTE le sigle sindacali e lo sciopero indetto lo scorso 5 dicembre.
Si può notare che nella divisione che viene effettuata nel 2018 per valutare le adesioni correttamente, come prevede la normativa vigente, viene riportato il numero di MEDICI E DIRIGENTI SANITARI che dovevano essere in servizio in quel giorno, mentre per lo sciopero del 5 dicembre viene erroneamente identificata come popolazione generale che ricomprende la spaventosa cifra di 503.621 dipendenti, atteso che il totale dei dirigenti medici e sanitari e veterinari in tutto il sistema sanitario è di 130.000!
A fianco al numero degli scioperanti, il numero degli assenti per altri motivi, benché anche tale tabella sia stata oggetto di disamina e continui a esserlo, in quanto non vengono calcolati negli aderenti allo sciopero i cosiddetti ‘precettati’ – ovvero coloro i quali per legge devono garantire i servizi di urgenza – ma che avrebbero partecipato comunque allo sciopero se ne avessero avuto la possibilità, e al netto di coloro i quali non erano di turno, ma che invece avrebbero aderito allo sciopero con un semplice modulo inviato alle aziende.
Nell’errata rappresentazione numerica, riscontriamo un doppio segnale. Anzitutto per il Governo i medici, dirigenti sanitari e infermieri sono uguali in tutto e per tutto alla pubblica amministrazione. In secondo luogo, quello ancor più grave, è il tentativo di far risultare una adesione allo sciopero ben inferiore a quella reale. Infatti, anche prendessimo i dati forniti dal Dipartimento della Funzione Pubblica, noteremmo che su un campione del 47% delle strutture che hanno inviato i dati – anche qui ci sarebbe da discutere in quanto esistono ospedali piccoli e grandi con adesioni diverse e in regioni diverse e con servizi diversi – proiettando i dati al 100% delle strutture, sono oltre 25.000 i colleghi che, al di là e al netto dei comandati e degli assenti, ma partecipanti, hanno aderito allo sciopero. Ovvero con i comandati che rappresentano un ulteriore 30% siamo intorno all’85% delle adesioni, come dichiarato giustamente dai sindacati.
Lo sciopero del 5 dicembre infine è stato indetto da due sigle di dirigenti medici e sanitari che non comprendevano anestesisti, veterinari, e branche dei servizi che invece lo sciopero lo hanno programmato e svolto il 18 dicembre. Se aggiungiamo anche questi numeri insomma possiamo dire che l’intera classe di medici, dirigenti sanitari, veterinari e infermieri ha aderito direttamente o indirettamente a una forma di protesta legale perché ha condiviso le preoccupazioni lanciate dai sindacati autonomi.
Ma vogliamo anche andare al di là del dato in sé.
Appare quanto mai deludente e poco edificante per un governo attaccarsi a mistificazioni e sterili tentativi di dar poco credito a una protesta che anche se fosse stata minima sarebbe da considerare preoccupante.
Riteniamo offensivo per gli oltre 25.000 dirigenti medici, sanitari e infermieri che si sono astenuti dal lavoro, affermare che chi non ha aderito allo sciopero ha scelto il governo, sposandone le politiche. Tali affermazioni, oltre a minare il rapporto con le parti sociali, minano la considerazione che ogni governo dovrebbe avere per chi cura.
Vogliamo pensare che le dichiarazioni di vari esponenti politici siano attribuibili a un passo falso, a un atteggiamento impulsivo, a una svista. Ma se non verranno rettificate, rischiano di alimentare e ampliare una frattura tra classe dirigente e operatori sanitari che invece necessita di essere ricomposta.
La domanda che speravamo si ponesse invece il governo era: perché medici e dirigenti sanitari, veterinari e infermieri decidono di scioperare, perché sono così delusi e arrabbiati?
Invece di un sano esame di coscienza che dovrebbe seguire ad ogni decisione contestata da parte di chi ha il compito di rappresentare e governare un paese, ci ritroviamo a discutere di numeri perché, evidentemente, l’unico interesse è la campagna elettorale, l’unica visione di alcuni rappresentanti del governo è la politica dei voti, perché alla fine i numeri sono sempre voti.
Invece talvolta i numeri dovrebbero essere espressione delle sofferenze, delle difficoltà, delle richieste di un sistema paese che, se cerchiamo di ridurre anche i diritti elementari mistificandoli, rischia di dissolversi. E non parliamo solo della sanità, ma dello stato sociale nel suo complesso del quale la sanità fa parte, che se perdesse gli ammortizzatori sociali nei quali rientra anche la sanità pubblica rischierebbe il default.
Ci auguriamo un passo indietro da parte di chi, in maniera avventata e maleducata, ha pensato di rappresentare il governo, con dichiarazioni al limite della decenza, perché siamo convinti che nessuno abbia la volontà di spostare la discussione sul SSN dai numeri della partecipazione, ampia e coesa allo sciopero: si rischierebbe di spostare l’attenzione dal dito alla luna.
Pierino Di Silverio
Segretario Nazionale Anaao Assomed
Guido Quici
Presidente Cimo-Fesmed